sabato 11 marzo 2017

Torino e il Piemonte espropriati della propria storia

Mentre il sindaco Appendino dirama l’ennesimo comunicato di beatificazione del direttore del M*s3o Eg*zi* , cercando di spostare l'attenzione dal problema di fondo su chi lavora nel museo, scende in campo anche la presidente Christillin per portare il suo contributo a questa incredibile vicenda.
Lo fa a suo modo con i soliti slogan mondialisti e politicamente corretti, ma, comunque, chiari: in sostanza, LA COLLEZIONE DEL MUS30 NON HA NULLA A CHE VEDERE CON TORINO E COL PIEMONTE.

Noi abbiamo poco da sbraitare, poveri Torinesi: essa appartiene “a tutti”, anzi, appartiene allo stato italiano. Che — mettiamoci pure l’anima in pace — se vorrà disperderla, trasferirla a Salaparuta, spezzettarla in diversi musei in giro per lo stivale, lo potrà fare a suo piacimento e contro la nostra volontà. Alla faccia di Drovetti, Schiaparelli, Carlo Felice, Silvio Curto, nostra e dei Torinesi che quel museo lo hanno creato e lo hanno sempre amato. Fino a quando non sono arrivati questi “geni”, che ora pretendono di rappresentarci e imporci la loro visione distorta del mondo. Corpi estranei a Torino e al Piemonte, che remano violentemente e spocchiosamente contro l'identità di tutto un popolo.

Per non venire ancora tacciati di provincialismo da Roma (che ha tutto da insegnarci...) dovremmo rassegnarci a non essere più padroni nemmeno delle nostre memorie storiche e lasciare che esse vengano gestite, stravolte (“valorizzate”, in neolingua), reinterpretate e, eventualmente, anche “condivise” con chi si mette d'accordo col ministro di turno.

Vorrebbero che noi continuassimo a vergognarci delle nostre ricchezze, della nostra fierezza e della nostra piemontesità, incompatibili con la loro idea di “mondo nuovo”.