venerdì 3 febbraio 2017

Lo stato spende per depredare il Piemonte. Via da Torino una parte del Museo Egizio.

Come al solito i Torinesi si trovano davanti al fatto compiuto. Senza che nessuno sapesse niente, si stava preparando niente di meno che il trasferimento di una parte del Museo Egizio, il più importante museo cittadino, a Catania.

A fine gennaio c’è stato l’incontro decisivo fra il presidente del Museo Evelina Christillin, il direttore Christian Greco, la soprintendente Luisa Papotti, il sindaco di Catania Enzo Bianco e l’assessore alla “bellezza condivisa” Orazio Licandro per realizzare nella città etnea una “sezione distaccata” del più antico e secondo più importante museo egizio del mondo.

Per giunta senza avere nulla in cambio. Si parla di un prestito della durata di trent’anni: in pratica un trasferimento definitivo.

La cosa pazzesca è che tutta l’operazione è stata promossa dal Ministero per i beni culturali che, in teoria, dovrebbe tutelare le memorie storiche piemontesi. In realtà ha destinato a Catania 2,6 milioni di euro per portare via questi reperti egizi da Torino.

Pietosa, come al solito in questi frangenti, la scusa che si sono dovuti inventare per giustificare un’operazione impresentabile: a Torino e in tutto il Piemonte non si troverebbe spazio per questi reperti! Pezzi unici raccolti a Torino in più di duecentocinquant’anni per i quali non si sarebbe in grado di trovare una sistemazione negli innumerevoli immobili di proprietà pubblica… Sarà per questo che hanno individuato il posto più lontano che si potesse concepire.

Questa operazione non rappresenta che il punto terminale di un processo di impoverimento di Torino e del Piemonte che viene da lontano e che passa attraverso la rimozione dell’identità, la demolizione di buona parte delle memorie storiche e la progressiva sostituzione della nostra cultura.

Dobbiamo ribadire con tutta la nostra forza che la collezione del Museo Egizio, che ha reso Torino celebre in tutto il mondo, fa parte integrante dell’identità e della storia cittadina e che, in quanto tale, è un bene indisponibile, indivisibile e inalienabile.

L’improvviso e improvvido accordo va cancellato. Il Museo Egizio non è di proprietà della signora Christillin, dei suoi amici e dell’oligarchia che controlla Torino. Altrimenti prendiamoci una parte della Galleria Borghese o degli Uffizi, tanto per un principio di reciprocità.

Proposta: in attesa di una sua soppressione, per restituire le competenze sulla tutela dei beni culturali ai Piemontesi, il ministero romano pensi a rendere alla città un centinaio di milioni delle nostre tasse (non torna indietro oltre un miliardo di euro al mese). Con questi, tra l’altro, si potrebbe restaurare la Cavallerizza e allestire lì la “sezione distaccata” ─ a cinquecento metri, non a millequattrocentocento chilometri.

È il momento che tutti coloro che fino ad oggi hanno assistito con preoccupazione alla vicenda facciano fronte comune per impedire questo ennesimo scippo a Torino e al Piemonte.